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Svolta BCE: stop agli acquisti e da luglio su i tassi

Giovedì 9 giugno la Banca Centrale Europea ha dato il via ufficiale alla normalizzazione della politica monetaria. Come ti puoi destreggiare in questo contesto?

Non c’è stato bisogno di aspettare la conferenza stampa che, com’è prassi, segue la riunione del consiglio direttivo. È stato sufficiente leggere il comunicato stampa – diffuso poco prima della conferenza – per capire che tutto quanto era atteso ha ricevuto una chiara conferma. E che, quindi, anche la Banca Centrale Europea è pronta a voltare pagina. Si chiude l’era dei tassi a zero e dei piani di alleggerimento quantitativo – i cosiddetti “quantitative easing”. E, come da più parti già ampiamente messo in conto, si torna al mandato originale: contenimento del rialzo dei prezzi, e dunque lotta all’impennata dell’inflazione.

Giovedì 9 giugno, insomma, la Banca Centrale Europea ha dato ufficialmente il via al percorso di normalizzazione della politica monetaria dell’area euro.

Nel dettaglio, cos’ha deciso la BCE?

Innanzitutto, che gli acquisti netti di asset (APP) termineranno il primo luglio 2022. I reinvestimenti del programma varato per fronteggiare l’emergenza pandemica – ossia il PEPP, Pandemic Emergency Purchase Programme, già conclusosi a marzo – proseguiranno almeno fino a fine 2024 e rimarranno il principale strumento contro l’allargamento dei famigerati “spread”.

E ancora: il tasso di riferimento resta invariato, ma con già in prospettiva un incremento di 25 punti base a luglio e di un altro quarto di punto percentuale a settembre. E non è da escludersi che proprio a settembre il rialzo sia più consistente, pari a mezzo punto percentuale, considerato quanto sta scritto nel comunicato stampa.

“Se le prospettive di inflazione nel medio periodo permarranno tali o si deterioreranno, un incremento maggiore sarà appropriato alla riunione di settembre”.

E dopo settembre? Secondo la dichiarazione rilasciata dalla banca centrale, “sarà appropriato un percorso graduale ma sostenuto di ulteriori aumenti dei tassi di interesse”. Fin dove potranno arrivare? Molto dipende dall’evoluzione dei dati economici.

L’ombra della stagflazione: le stime della BCE

Il comunicato stampa della BCE contiene anche le ultime proiezioni dello staff, da cui emerge che l’inflazione è vista al 6,8% nel 2022, al 3,5% nel 2023 e al 2,1% nel 2024. Per contro, è prevista una crescita del Prodotto Interno Lordo del 2,8% nel 2022 e del 2,1% sia nel 2023 che nel 2024. Crescita modesta e tasso d’inflazione consistente: in altre parole, stagflazione.

In questo quadro, secondo diversi osservatori – tra i quali Carsten Brzeski, Global Head of Macro di ING – il margine di manovra della Banca Centrale Europea per normalizzare la politica monetaria non è larghissimo e, anzi, si restringe quasi di giorno in giorno.

La decisione del 9 giugno rappresenta un compromesso tra falchi e colombe: ha scongiurato una revisione al rialzo di 50 punti base già a luglio ma, al contempo, ha aperto la porta a un possibile +50 a settembre. Quello su cui tutti sembrano concordare è che ha segnato la fine di una lunga fase di politica monetaria non convenzionale. Ma sarà anche l’inizio di una nuova fase di tassi di interesse in continuo rialzo? È ancora tutto da vedere.

Come hanno reagito i mercati?

Con le Borse europee in calo e con un balzo non indifferente dei rendimenti a scadenza dei governativi europei. In allargamento gli spread, ovvero le differenze di rendimento tra Paesi periferici e non dell’Europa. Lo spread tra il nostro BTP e il Bund tedesco, per dire, ha superato i 230 punti base. Ma c’era da aspettarselo: del supporto della BCE hanno beneficiato in questi anni soprattutto i Paesi più fragili, zavorrati da un maggior debito pubblico. Che poi sono, appunto, i cosiddetti “periferici”: tra questi, l’Italia. Il ritiro del sostegno della banca centrale alimenta le preoccupazioni sulla tenuta di questi Paesi. E, di riflesso, dell’intera area dell’euro.

Non a caso, uno dei passaggi principali del comunicato del 9 giugno è stato proprio quello sulla “frammentazione” del continente, vale a dire la diversa situazione dell’Europa periferica e dell’Europa centrale. “In caso di ulteriore frammentazione del mercato connessa alla pandemia, i reinvestimenti del PEPP potranno essere adeguati in maniera flessibile nel corso del tempo, fra le varie classi di attività e i vari Paesi in qualsiasi momento”, si legge sul comunicato. Quindi, al momento, la rete di sicurezza predisposta è quella rappresentata dai reinvestimenti in ambito PEPP.

Si (re)introdurranno altri strumenti “anti-panico”? È tutto da vedere: vero è che con le elezioni del 2023, considerate cruciali, in Italia, Spagna e Grecia, i mercati guardano anche al rischio politico e si domandano se e come potrà interferire con la strategia monetaria della BCE.

Come investire con i tassi in rialzo?

Hai letto tutto il post e adesso hai solo voglia di prendere i tuoi risparmi e metterli “al sicuro” dentro un barattolo? È comprensibile. Ma, purtroppo, non molto sensato. Investirli è l’unico modo per difenderli da quella che oggi è la principale preoccupazione delle banche centrali: l’inflazione. Se inizi oggi, hai la possibilità di cogliere qualche opportunità interessante “a saldo”. Se hai già iniziato, tieni conto che i cali sui mercati si recuperano, mentre quelli dovuti all’inflazione purtroppo no.

Il piccolo investitore, poi, può contare – in termini di veicolo giuridico – sui fondi comuni d’investimento, che sono naturalmente diversificati al loro interno e ricchi di tutele giuridiche. Investendo con la modalità del PAC, come ti abbiamo detto tante volte, puoi aggiungere un po’ di sana diversificazione temporale a quella geografica e per asset class.

Come tradurre tutto ciò in realtà? Non è difficile: basta affidarsi alla consulenza di un professionista, che potrà guidarti in questo contesto ricco di sfide. Ma non privo di opportunità.

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