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L’economia va? Su i tassi: il mantra anti-inflazione delle banche centrali

I dati economici sono buoni, e proprio per questo le banche centrali ritengono ci sia spazio per ulteriori strette: ecco le ultime mosse di Fed, BCE e Banca d’Inghilterra.

La prima ad annunciare un ulteriore rialzo dei tassi di interesse è stata la Federal Reserve americana. Al suo annuncio hanno fatto seguito, come di consueto, quelli della Banca Centrale Europea e della Banca d’Inghilterra. Ciò che è emerso è che la stretta monetaria, seppur a ritmi diversi, prosegue (quasi) ovunque. Il che, indirettamente, ci conferma una notizia incoraggiante: e cioè che i dati economici sono sufficientemente buoni da convincere le autorità monetarie che c’è spazio per ulteriori aumenti dei tassi.

Già, perché, se si esclude il Regno Unito, l’economia è ancora vivace. L’Eurozona crescerà anche quest’anno, in barba a tutti i timori di recessione, e l’inflazione sta lentamente ripiegando, anche se è ancora a livelli importanti (da ciò, l’esigenza di ulteriori rialzi). Curioso di saperne di più? Ecco una breve carrellata.

Fed: il più basso rialzo dei tassi dal marzo 2022

Nel primo vertice dell’anno nuovo, la banca centrale Usa ha alzato il costo del denaro di 25 punti base, portandolo tra il 4,50% e il 4,75%, il livello più elevato dal 2007. Ma attenzione: si tratta dell’aumento più basso dal marzo del 2022, quando è iniziata la stretta monetaria più aggressiva dagli anni Ottanta.

In totale, come forse ricorderai, sono otto i rialzi consecutivi varati dall’inizio del 2022. Al primo da 25 punti base del 17 marzo scorso sono seguiti ritocchi da 50, 75 (quattro volte) e poi nuovamente 50 punti base a dicembre. Ma la serie è destinata ad allungarsi. La Fed, infatti, ha sottolineato che ulteriori aumenti dei tassi di interesse rimangono “appropriati” per arrivare a “una posizione di politica monetaria sufficientemente restrittiva per riportare nel tempo l’inflazione al 2%”.

Durante il prossimo vertice di marzo, la banca guidata da Jerome Powell ha in programma un altro incremento, anche se, ha precisato la Fed, “l’ampiezza dei futuri rialzi” è ancora da stabilire. In ogni caso, il cosiddetto “tasso terminale”, ossia il picco che raggiungerà il costo del denaro, è stato ipotizzato dai vertici della banca al 5%-5,25% quest’anno: un livello che implica altri due rialzi da 25 punti base.

“Abbiamo ancora lavoro da svolgere e non ci fermeremo finché non sarà completato”, ha dichiarato Powell nella conferenza stampa al termine del meeting. Sebbene l’economia abbia iniziato a mostrare i primi segni di rallentamento (dopo una crescita del 2,9% negli ultimi tre mesi del 2022, il Pil Usa è stimato in aumento dello 0,7% nel trimestre in corso), il mercato del lavoro rimane “robusto” mentre l’inflazione, in calo al 6,5% a dicembre dopo picchi superiori al 9% raggiunti a giugno, rimane “ben oltre” il livello desiderato.

Anche la BCE prosegue nella stretta

Dopo aver preannunciato un rialzo da 50 punti base nell’ultimo vertice di dicembre, la Banca Centrale Europea ha dato seguito alle sue promesse. Giovedì 2 febbraio, infatti, il consiglio direttivo ha varato un aumento dei tre tassi di riferimento dello 0,5%, portando quello principale al 3% e quello sui depositi al 2,5%, il livello più alto dal 2008. Si tratta del quinto rialzo consecutivo a partire da luglio.

Pur ribadendo che le sue future decisioni saranno “guidate dai dati”, la BCE ha annunciato che un ulteriore aumento di 50 punti base verrà deliberato durante il prossimo meeting di marzo, e altri potranno seguire. A preoccupare Francoforte è la corsa dei prezzi. Seppure in rallentamento all’8,5% di gennaio rispetto al 9,2% di dicembre, l’inflazione rimane ancora troppo elevata. Motivo per cui, si legge nel comunicato diffuso al termine del vertice, “il consiglio direttivo continuerà ad aumentare i tassi d’interesse in misura significativa a un ritmo costante e a mantenerli su livelli sufficientemente restrittivi da assicurare un ritorno tempestivo dell’inflazione al suo obiettivo del 2% nel medio termine”.

Questo non solo consentirà di domare la crescita dei prezzi frenando la domanda, ma metterà “al riparo dal rischio di un persistente incremento delle aspettative di inflazione”.

Va avanti anche la dieta del bilancio BCE

La BCE non si è limitata a intervenire solo sul costo del denaro. Il comunicato diffuso a termine della riunione ha fissato anche i dettagli per la riduzione del bilancio che andrà a colpire il programma PAA, con il quale Francoforte ha acquistato, a partire dal 2014, 3.254 miliardi di euro di titoli di Stato e di bond societari. Da marzo, il portafoglio di obbligazioni detenute scenderà al ritmo di 15 miliardi al mese fino a giugno.

Successivamente, la velocità con cui si gonfierà il bilancio verrà ricalibrata. Il reinvestimento sarà quindi “parziale” e rispetterà le proporzioni dei rimborsi per Paese e per emittente nazionale e sovranazionale. Per quanto riguarda invece il programma pandemico (PEPP), il reinvestimento del capitale rimborsato sui bond in scadenza sarà integrale fino alla fine del 2024. Ma sul fronte della riduzione del bilancio, la BCE ha già fatto un bel po’ di strada, soprattutto grazie ai rimborsi anticipati in due tranche dei prestiti TLTRO III, 300 miliardi a novembre e 500 miliardi a dicembre dell’anno scorso.

I propositi della presidente Christine Lagarde

Dopo aver sottolineato che i rialzi di febbraio e marzo sono stati decisi “con grande consenso”, la presidente della BCE Christine Lagarde ha aggiunto che “abbiamo altra strada da percorrere”. Se è vero che l’economia dell’area euro ha iniziato a rallentare, ha riconosciuto la governatrice, è anche vero che si è mostrata più forte del previsto.

Insomma, il miglioramento delle prospettive di crescita dell’Eurozona e l’abbondante stimolo fiscale hanno dato alla BCE un motivo in più per proseguire nella sua missione da falco. E proprio lo stimolo fiscale rappresenta un’ulteriore preoccupazione per la BCE, in quanto potrebbe trasformare l’inflazione spinta dall’offerta in inflazione spinta invece dalla domanda. Questi fattori potrebbero alimentare le pressioni inflazionistiche nell’area, anche se a un livello più basso rispetto a quello che vediamo oggi.

Così commenta Carsten Brzeski, Global Head Macro di ING Research.

“La Banca Centrale Europea farà marcia indietro solo quando sarà pienamente convinta che l’inflazione non è più un problema.”

Non solo, quindi, nuovi interventi di aumento, ma anche tassi alti più a lungo.

Decimo rialzo consecutivo per la Banca d’Inghilterra

Venendo al Regno Unito, la Banca d’Inghilterra ha aumentato i tassi per la decima volta consecutiva. Il rialzo dello 0,5% porta il costo del denaro al 4%, il livello massimo da 14 anni a questa parte. Anche se in fase calante dall’11,1% di ottobre, l’indice dei prezzi al consumo a dicembre si è attestato al 10,5% ed è quindi assolutamente da monitorare.

Opportunità d’investimento con i tassi in rialzo

Le opportunità di ingresso sui mercati non mancano mai, e questa è una regola generale. Ma – anche se può sembrare paradossale – spuntano fuori soprattutto nei momenti di maggiore incertezza. È proprio in queste fasi, infatti, che è più facile trovare punti d’ingresso a prezzi di convenienza. Warren Buffett lo sa, e non a caso è noto come l’“oracolo di Omaha”. Certo, di Warren Buffett ce c’è uno. E gli altri?

Tutti gli altri possono, per fortuna, fare riferimento al proprio consulente finanziario – il Financial Coach di ING per esempio – che, oltre a svolgere un fondamentale ruolo di affiancamento nelle scelte d’investimento, può aiutare ad acquisire quelle conoscenze e quelle competenze utili a capire il periodo che stiamo attraversando. Il tutto con la giusta dose di buon senso e lucidità, per non farsi scappare occasioni che poi nel momento dei rialzi – e potrebbe non volerci molto, a giudicare dai rally con cui è iniziato il 2023 – restano interessanti, ma meno convenienti.

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