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L’inflazione europea frena: cosa aspettarsi dalla BCE?

Nell’Eurozona a gennaio i prezzi sono cresciuti dell’8,6% su base annua, in calo rispetto al 9,2% di dicembre. Italia al 10%. Cosa farà la BCE?

La Banca Centrale Europea ha ancora del lavoro da fare per domare l’inflazione, almeno stando ai recenti dati dell’Eurostat. Seppure in rallentamento, la corsa dei prezzi prosegue e batte le attese del mercato, che si aspettava una frenata maggiore. Ma non sono tutte ombre. Anzi.

Inflazione: i numeri in Europa

Gli ultimi dati sull’inflazione diffusi dall’Eurostat evidenziano un incremento annuo dell’8,6% a gennaio, in lieve crescita rispetto alla stima “flash” di inizio mese e in deciso calo rispetto al 9,2% registrato a dicembre. Il contributo maggiore alla corsa dei prezzi è arrivato ancora una volta da alimentari, alcol e tabacco (+2,94%), seguiti da energia (+2,17%), servizi (+1,8%) e beni industriali non energetici (+1,73%).

Escludendo l’energia, il tasso di inflazione annuo risulta in aumento del 7,3% dal 7,2% precedente. Il dato di fondo – il quale, oltre all’energia, non considera gli alimentari non lavorati, l’alcol e il tabacco – evidenzia una crescita del 5,3%, dopo il 5,2% del mese prima.

Per quanto riguarda l’Unione Europea, l’inflazione si attesta al 10%, in calo rispetto al 10,4% di dicembre. I tassi annuali più bassi sono stati registrati in Lussemburgo (5,8%), Spagna (5,9%), Cipro e Malta (entrambi 6,8%); quelli più elevati in Ungheria (26,2%), Lettonia (21,4%) e Repubblica Ceca (19,1%). Per l’Italia, l’Eurostat stima l’inflazione al 10,7% a gennaio, inferiore al 12,3% di dicembre.

In calo i prezzi dell’energia: e l’inflazione rallenta

I dati Istat segnalano un raffreddamento dell’inflazione, grazie soprattutto al calo delle quotazioni del gas. A gennaio il costo della vita è aumentato di un decimo di punto sul mese prima e del 10% su base annua, in rallentamento rispetto all’11,6% di dicembre. A livello armonizzato, l’indice dei prezzi al consumo è sceso al +10,7% su gennaio 2022 (più delle attese, ferme al +10,9%) rispetto al +12,3% di dicembre, mentre su base mensile è calato dell’1,5%.

Entrando nel dettaglio, i dati comunicati dall’Istat evidenziano una frenata decisa su base tendenziale dei beni energetici (su base annua da +64,7% a +42,5%), merito soprattutto della riduzione di quelli regolamentati e, in misura nettamente minore, di quelli non regolamentati. Calano poi i prezzi degli alimentari non lavorati e dei servizi ricreativi, culturali e per la cura della persona. A crescere, invece, sono i beni durevoli e non durevoli, e i servizi relativi all’abitazione.

In controtendenza l’inflazione di fondo, misurata senza considerare i beni energetici e gli alimentari freschi, che sale al 6% dal precedente 5,8%, mentre rimane stabile al 6,2% quella al netto dell’energia.

Rallenta pure il “carrello della spesa”, dal 12,6% al 12%, mentre aumentano i prodotti ad alta frequenza d’acquisto (come gli alimentari, le bevande, i tabacchi, i carburanti, i trasporti urbani). Infine, l’inflazione acquisita per il 2023, ovvero quella che si avrebbe se per il resto dell’anno i prezzi rimanessero stabili, è pari al 5,2% per l’indice generale e al 3,2% per la componente di fondo.

La BCE proseguirà con i rialzi dei tassi

Alla luce degli ultimi sull’inflazione nell’area euro, osserva Federico Vetrella, Market Strategist di IG Italia, “gli atteggiamenti aggressivi della Banca Centrale Europea restano del tutto giustificati. La BCE” aggiunge “proseguirà con un rialzo dei tassi di interesse almeno per le prossime due riunioni, per poi valutare un eventuale stop in modo da osservare gli effetti sull’economia”. Staremo a vedere. La domanda, intanto, è un’altra.

Cosa significa tutto questo per i tuoi investimenti?

Se le quotazioni dell’obbligazionario tengono a reagire negativamente agli incrementi dei tassi, sull’azionario, al di là delle oscillazioni giornaliere, le politiche restrittive delle banche centrali non sono più una novità. E ulteriori ritocchi al rialzo sono già messi in conto. I mercati azionari tendono a reagire (bene o male, a seconda dei casi) alle mosse inattese delle autorità monetarie: in incremento di 50 punti base anziché 25 o 75, per esempio. Ma quando tutto procede come annunciato, non ci sono grossi scostamenti – al di là, appunto, delle oscillazioni giornaliere.

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