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Economia: prove di tenuta al di qua e al di là dell’Atlantico

Il PIL dei Paesi dell’area euro si dimostra in tenuta, con l’Italia che mette a segno la seconda migliore performance.

L’economia rallenta, ma mostra ancora qualche segnale di resilienza. Vale per gli Stati Uniti, ma anche per il Vecchio Continente. La vera sorpresa, però, è l’Italia, che cresce di più di Francia e Germania, mettendo a segno la seconda migliore performance del Continente.

Crescita: qual è la situazione in Europa?

Secondo la stima flash dell’Eurostat, nel primo trimestre dell’anno, dopo un calo dello 0,1%, il PIL dell’Unione Europea è cresciuto dello 0,3% rispetto al trimestre precedente, mentre quello dell’Eurozona ha registrato una variazione quasi piatta (+0,1%). L’economia, però, in entrambe le aree tiene nel confronto annuo, mettendo a segno un +1,3%.

Per quanto riguarda i singoli Paesi, la performance migliore è stata registrata dal Portogallo, che nel primo trimestre è cresciuto dell’1,6% su base congiunturale seguito dalla Spagna, dall’Italia e dalla Lettonia (tutti +0,5%). Ma la vera sorpresa è appunto rappresentata dal nostro Paese, che sia su base congiunturale (rispetto cioè al periodo di riferimento precedente) sia su base tendenziale (ossia nel confronto con lo stesso periodo dell’anno prima) cresce più degli altri due grandi Paesi UE: la “locomotiva” Germania e la Francia.

Mentre il PIL tedesco ha registrato una variazione nulla rispetto al quarto trimestre del 2022 e una contrazione dello 0,1% sullo stesso periodo dell’anno scorso, quello francese ha messo a segno un magro +0,2% congiunturale e un +0,8% tendenziale. L’economia italiana, invece, è cresciuta, come detto, dello 0,5% sugli ultimi tre mesi del 2022 e dell’1,8% annuo. Ciò significa che, dopo la lieve flessione congiunturale dell’ultimo trimestre del 2022, con un dato del -0,1%, la ripresa di inizio 2023 prospetta un tasso di crescita acquisito per il 2023 stimato allo 0,8%, che allontana l’ombra della recessione.

Non tutto è rose e fiori, però. In seguito ai rialzi dei tassi della Banca Centrale Europea, con quello principale che si colloca al 4%, le banche stanno riducendo i prestiti all’economia reale. Un dato col quale bisognerà fare i conti.

La situazione negli Stati Uniti

Sull’altra sponda dell’Atlantico, nel primo trimestre dell’anno il PIL ha registrato un tasso di crescita dell’1,1% annuo. E, nel complesso, lo scorso anno il Prodotto Interno Lordo è aumentato del 2,1%. A pesare sono stati soprattutto i massicci rialzi dei tassi operati dalla Fed, che ha portato il costo del denaro al 5,25%. Non a caso, le voci che hanno registrato la frenata più brusca sono state gli investimenti delle imprese e il mercato immobiliare, entrambi settori che si reggono sulla concessione di prestiti.

Ma a influire sono state anche le recenti turbolenze nel settore bancario. Il salvataggio di First Republic Bank da parte di JP Morgan non ha tranquillizzato del tutto i mercati, che temono che altre banche regionali possano finire in difficoltà. Una nota positiva è arrivata dalla spesa dei consumatori, che si è mantenuta forte nonostante l’alta inflazione (l’indice dei prezzi PCE core, il più seguito dalla Fed, è aumentato del 4,9% su base annua rispetto al 4,4% dell’ultimo trimestre del 2022).

Le spese sono salite infatti del 3,7%, un dato di gran lunga migliore del +1% registrato negli ultimi tre mesi del 2022. Il che non fuga del tutto i timori. Ecco come la vede James Knightley, Chief International Economist di ING.

“La nostra previsione attuale è che il PIL del secondo trimestre registrerà una crescita dello 0-0,5%, con possibili riflessi negativi sul dato del terzo e del quarto trimestre, alla luce del fatto che la serie più rapida e aggressiva di rialzi dei tassi da parte della Fed nell’arco di quarant’anni sta sortendo i suoi effetti e l’inasprimento degli standard creditizi si sta intensificando sulla scia delle recenti tensioni bancarie”.

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