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Quanto è verde il budget UE per la ripresa?

Le ingenti risorse destinate alla lotta contro il cambiamento climatico, nell’ambito dei fondi UE per la ripresa, sono un segnale forte e chiaro: la transizione green è iniziata e non si fermerà

Dopo un primo accordo raggiunto a fatica tra gli Stati Ue nel luglio scorso, i negoziati sono ancora in alto mare sul budget Ue 2021-2027, a cui è legato il Recovery Fund. Questa situazione di impasse rischia tra l’altro di ritardare l’entrata in funzione dello stesso fondo per la ripresa, tecnicamente chiamato Next Generation EU , che porta con sé una dotazione di 750 milioni di euro.

Negoziati difficili. Qual è il problema? Da una parte c’è il Consiglio Europeo che, sotto la guida della presidenza tedesca, cerca di confermare l’accordo da 1.074 miliardi di euro sottoscritto a luglio dai 27 leader al termine di cinque giorni di negoziato. Dall’altra parte c’è il Parlamento europeo che chiede di aggiungere 39 miliardi al bilancio comune per aumentare il budget di programmi tra cui Erasmus, il Fondo per la difesa e Horizon.

Più risorse per la lotta al cambiamento climatico. La buona notizia in tutto ciò è che l’azione sul clima sembra non essere tra i temi più dibattuti. Anzi. Se da un lato alcuni programmi “green” sono stati ridotti rispetto alla proposta iniziale della Commissione Ue (risalente al 2018 e su cui si basa l’accordo di luglio), dall’altro le risorse complessive destinate a confluire nella cosiddetta “transizione verde” sono addirittura aumentate.
Nella proposta iniziale infatti, la spesa destinata all’azione contro il cambiamento climatico ammontava a circa il 25% dell’investimento complessivo (1.074 miliardi del budget Ue pluriennale + 750 miliardi del Recovery Fund), mentre nell’ultima versione dell’accordo la quota sale al 30%, pari a circa 547 miliardi (30% di 1.824 miliardi). Parliamo dunque di un incremento di 85 miliardi di euro che andrebbero a sostegno della transizione verso un’economia più verde.
Se le cifre fossero confermate nella versione definitiva del bilancio, la quota destinata all’azione climatica sarebbe tre volte più alta rispetto all’ultimo budget Ue pluriennale.  Nel periodo 2014-2020 infatti, l’Ue aveva pianificato di spendere circa 182 miliardi di euro nella transizione verde, pari al 20% del budget, una quota che nella realtà dovrebbe attestarsi a fine piano intorno al 19,7% (stando alle stime della stessa Commissione Ue).
Va detto che esiste un problema di sovrastima legato agli investimenti nella lotta contro il cambiamento climatico. Ma le istituzioni europee ne sono consapevoli e si sono impegnate a sviluppare una metodologia di calcolo più precisa e a monitorare annualmente l’andamento delle spese legate al clima e il loro impatto. C’è da aspettarsi tuttavia che il miglioramento della metodologia di calcolo e le maggiori ambizioni possano rendere più difficile centrare i target in tema di transizione green.

Coinvolgere il settore privato. Attualmente, l’obiettivo UE è una riduzione delle emissioni di gas serra del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. E per raggiungerlo, servono investimenti notevoli: nel “green deal” pubblicato a fine 2019, Bruxelles stimava investimenti mancanti per 260 miliardi di euro l’anno da qui al 2030. Tradotto: l’azione governativa da sola non basta, serve l’intervento del settore privato.
Anche perché l’obiettivo di riduzione delle emissioni del 40% non potrà che essere incrementato – la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, ha già detto che vorrebbe portarlo al 50-55%. Il che ovviamente implica un ulteriore allargamento del “gap di investimento” rispetto alle stime attuali.
Quanto alla possibilità di attrarre capitale privato a sostegno della transizione green, l’accordo in via di definizione sul budget Ue pluriennale vede due tendenze opposte. Da un lato, sono diminuite le risorse da destinare al programma InvestEU (da 30,3 miliardi di euro nella proposta iniziale ai 5,6 miliardi di quella attuale). Ed essendo il programma destinato proprio ad attrarre capitali privati, questa non è una buona notizia per l’agenda green.

Il ruolo della BEI. Dall’altro lato, l’accordo di luglio stabilisce una revisione della dotazione della Banca europea degli investimenti (BEI) e delle modalità in cui l’istituto può supportare la digitalizzazione e la lotta contro il cambiamento climatico. Un capitale più elevato consentirebbe, a sua volta, di assumere più rischi e attrarre maggiore capitale privato.
La crisi legata alla pandemia di coronavirus ha innescato una serie di iniziative volte a supportare la ripresa economica. E, di pari passo, si è rafforzata la volontà di sostenere la transizione green in ambito europeo. In effetti, l’accordo del Consiglio Europeo punta a destinare un importo maggiore ai progetti verdi rispetto alla proposta della Commissione Europea e rispetto ai precedenti budget pluriennali.
Per raggiungere l’obiettivo europeo di riduzione delle emissioni, la spesa pubblica proposta non è però sufficiente. Rimane molta incertezza su quanto le iniziative dell’Ue siano in grado di attrarre investimenti privati. Gli sviluppi che riguardano la Banca europea per gli investimenti svolgeranno in questo senso un ruolo cruciale.

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