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Tra contanti e cripto-asset: le abitudini di pagamento degli italiani

Un recente rapporto Bankitalia ci dà lo spunto per ripassare la differenza fra strumenti di pagamento e strumenti di investimento.

Ti starai chiedendo: ma se di solito ci occupiamo di investimenti, perché oggi dedichiamo la nostra attenzione ai pagamenti? E, in particolare, alle modalità di pagamento preferite dagli italiani? Facile: perché pagamenti e investimenti rientrano nel più ampio perimetro della gestione del denaro, quindi presentano molte aree di sovrapposizione. Aree che può essere interessante esplorare, per capire appunto come le vivono – e come le gestiscono – al giorno d’oggi gli italiani. Un esempio? Le cripto-asset. Ma, come al solito, procediamo un passo alla volta.

Le abitudini di pagamento degli italiani

Di recente la Banca d’Italia ha pubblicato il “Rapporto sulle abitudini di pagamento dei consumatori in Italia: evidenze dall’indagine BCE del 2022”. Il rapporto, in pratica, presenta i risultati italiani dell’indagine sui comportamenti dei consumatori dell’area euro condotta dalla Banca Centrale Europea tra la fine del 2021 e la prima metà del 2022, un’indagine che si intitola “Study on the payment attitudes of consumers in the euro area - SPACE 2022”.

Il documento targato Bankitalia punta quindi a dare un quadro di informazioni aggiornate sulle tendenze nell’uso degli strumenti di pagamento in Italia. Cos’è che dice questo rapporto di noi italiani e delle nostre abitudini? Lo vediamo subito.

Contante solo per gli acquisti di importo contenuto

I dati ci dicono che, anche se il contante rimane lo strumento di pagamento principale presso il punto vendita fisico, specialmente per gli acquisti di valore più modesto (quelli fino a 50 euro, diciamo), il suo utilizzo è diminuito rispetto ai risultati delle indagini precedenti. In termini di valore delle transazioni, i pagamenti con strumenti alternativi al contante rappresentano oltre la metà delle spese totali presso il punto vendita e i pagamenti con strumenti elettronici nel complesso stanno aumentando, supportati anche dalla crescita del commercio elettronico.

Le carte, oltre a rappresentare il principale concorrente del contante per le transazioni nei punti vendita, continuano a essere lo strumento di pagamento più utilizzato, in termini sia di numero sia di valore, per le transazioni relative ad acquisti online.

Si fanno strada nuove abitudini di pagamento

Ad oggi il possesso di un conto per i pagamenti si attesta all’86%, leggermente sotto quello dell’area dell’euro, che invece è al 91%. Il divario si riduce se si considera il possesso di una carta di pagamento: in questo caso le percentuali si posizionano, rispettivamente, al 92% e al 94%.

E si è ridotto il divario tra nord e sud riguardo al possesso di carte di pagamento: nelle regioni settentrionali la percentuale di abitanti con almeno una carta di pagamento è del 93%, a fronte del 91% del 2019, mentre nelle regioni meridionali è del 90%, dall’85% del 2019. Se si considerano le caratteristiche socio-demografiche, le persone a basso reddito riportano il tasso più basso di possesso di carte (82%), seguite da giovani, casalinghe e disoccupati (circa 88%).

Più di un intervistato su due dichiara di avere accesso ai pagamenti istantanei. Il SEPA Instant Credit Transfer (SCT Inst) consente trasferimenti di credito paneuropei con i fondi resi disponibili sul conto del destinatario in meno di dieci secondi, 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno. Stando all’indagine, i pagamenti istantanei sono disponibili per il 57% degli intervistati in Italia, rispetto al 51% nell'area dell’euro. Tuttavia, il 38% degli intervistati italiani dichiara di pagare una commissione più alta rispetto ai bonifici (20% nell’area euro).

Il possesso di cripto-asset non è diffuso in Italia

E in quanto alle cripto-asset, rappresentazioni digitali di valore o di diritti che possono essere trasferite e archiviate elettronicamente tramite tecnologia a registro distribuito (DLT) o tecnologie analoghe? Come siamo messi? Nonostante la maggiore attenzione che i responsabili politici hanno dedicato alle criptovalute, la diffusione tra la popolazione generale in Italia è rimasta stabile al 2%, come nel 2019, leggermente al di sotto del 4% dell’area euro. Una situazione che replica, appunto, quella del 2019. L’Italia è, di fatto, il Paese con la quota più bassa.

A chi ha dichiarato di detenere cripto-asset è stato anche chiesto se li usa per i pagamenti, per gli investimenti o per entrambi. Quali sono state le risposte? Lo scopriamo subito.

  • Prevale il possesso a fini di investimento, con un 55%.
  • Il possesso a fini di pagamenti si limita a un 15%.

Pagamenti o investimenti? La consulenza aiuta a far chiarezza

Strumenti di pagamento e strumenti di investimento: quali sono, a cosa servono e come distinguerli? Il contante, per esempio, è un mezzo di pagamento ma certamente non una forma di investimento, anche se l’accumulo dentro al materasso o dietro l’armadio faceva star tranquille le nostre nonne e nonni (e l’inflazione, intanto, ne erodeva il valore). Lo stesso dicasi per il conto corrente, anche se spesso questo strumento riconosce al correntista un interesse annuo calcolato sulla giacenza: ottimo strumento di pagamento, ma per investire ci sono alternative più remunerative.

Insomma, sicuramente esistono, come dicevamo all’inizio, aree di sovrapposizione fra gli strumenti: ma per non far confusione e per gestire al meglio risparmi e investimenti, anche alla luce dei tuoi bisogni di liquidità e di spesa, fare due chiacchiere con un Financial Coach non può che fare bene.

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Il presente articolo è stato redatto dal team del blog AdviseOnly.com e ha una finalità esclusivamente informativa. Non va quindi inteso in alcun modo come consiglio finanziario, economico o di altra natura e nessuna decisione, di investimento o di altro tipo, deve essere presa unicamente sulla base dei contenuti qui riportati. L’articolo non costituisce da parte di AdviseOnly.com un’offerta al pubblico d’acquisto o vendita di titoli e più in generale di strumenti finanziari e/o attività di sollecitazione all’investimento, ai sensi del decreto legislativo 24/02/1998, n. 58.