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PMI: sai cos’è e perché è così monitorato?

PMI sta per Purchasing Managers Index: è l’indice dei responsabili degli acquisti e ci “spoilera” lo stato di salute dell’economia. Cosa dicono gli ultimi dati?

“PMI” è la sigla che nelle cronache economiche, più o meno da sempre, viene adoperata per riferirsi alle piccole e medie imprese. Una categoria di aziende che, insieme a quella delle microimprese, costituisce l’ossatura del nostro Paese. Ma nell’ambito delle cronache economico-finanziarie, PMI può fare riferimento anche a un’altra cosa. Ovvero, al Purchasing Managers Index, un indicatore monitorato molto attentamente perché restituisce una sintesi sullo stato di salute dei vari segmenti del settore privato: manifatturiero, costruzioni e servizi.

Sai come viene rilevato? Attraverso interviste ai direttori degli acquisti (infatti in italiano si chiamerebbe “indice dei responsabili degli acquisti”), considerati una figura chiave all’interno dell’azienda. Talmente tanto “chiave” che il PMI è generalmente considerato un anticipatore del PIL: ci “spoilera” cioè come verosimilmente andrà il Prodotto Interno Lordo di un Paese o di un’area economica.

Viene rilevato a cadenza mensile da diversi enti, istituti e anche società private. Per esempio, nei giorni scorsi l’agenzia di rating S&P Global ha diffuso i dati sui PMI di diverse aree e Paesi. Dell’eurozona ha reso noto il valore composito. Il quale, come suggerisce il nome, è un po’ la sintesi dei segnali arrivati da manifattura, costruzioni e servizi.

Cosa ci dice il dato più recente?

Innanzitutto, che gli ultimi dati PMI raccolti nell’indagine di giugno indicano nuovamente un’economia dell’eurozona in espansione. Ma attenzione: rispetto al mese precedente, il punteggio è peggiorato. Il che fa aumentare il rischio che la regione scivoli in una contrazione nel terzo trimestre.

Per capire meglio di cosa parliamo quando parliamo di “espansione” e “contrazione”, dobbiamo per forza soffermarci un attimo sui numeri. Allora: l’indice destagionalizzato S&P Global PMI della produzione composita dell’area euro a giugno ha registrato un valore pari a 52. Meno dei 54,8 di maggio. Questa la situazione fotografata da S&P Global Paese per Paese.

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Italia e Germania sono quindi ultime in questa classifica di crescita. Ma come vanno letti questi numeri? È presto detto:

  • un valore superiore a 50 indica un’espansione dell’attività;
  • un valore inferiore a 50 indica invece una contrazione.

Per farla breve, un punteggio pari a 50 ci dice che il sentore positivo e il sentore negativo sull’economia rilevati presso gli intervistati si compensano. Se l’indicatore è sbilanciato su valori superiori a 50, vuol dire che le buone sensazioni superano quelle meno buone; al contrario, abbiamo che le cattive sensazioni “vincono” sulle sensazioni positive. E proprio perché a dare questa indicazione sono i responsabili degli acquisti, si ritiene che queste loro percezioni costituiscano una valida indicazione dell’andazzo economico generale, come dicevamo poco fa.

Cosa c’è dietro i numeri di giugno?

C’è che gli indicatori delle tendenze future, ossia nuovi ordini e fiducia, preannunciano un calo della produzione per i prossimi mesi. A ben guardare, il manifatturiero è già in contrazione per la prima volta da due anni, mentre il terziario sta subendo una notevole perdita di vigore a causa dei prezzi. In rallentamento non solo la spesa delle famiglie, ma anche la spesa delle imprese e gli investimenti per via delle previsioni più fosche e dell’irrigidimento delle condizioni finanziarie.

Il volume degli ordini manifatturieri, si legge nella nota di S&P Global, “ha segnato il declino più netto dai crolli registrati durante le chiusure anti-Covid del maggio 2020”. Le condizioni internazionali della domanda, poi, hanno fatto segnare il più rapido calo delle esportazioni degli ultimi due anni. Eppure, le aziende hanno lavorato moltissimo e hanno assunto. Come mai? Perché “il livello di lavoro inevaso è di nuovo aumentato”.

Quindi, ricapitolando: domanda in frenata che ha pesato su ordini ed esportazioni, però attività e assunzioni in fermento per via del lavoro arretrato. “Ma se la crescita dell’occupazione di giugno è rimasta robusta, la flessione del tasso di crescita della domanda e il deterioramento dell’ottimismo indicano un mercato del lavoro che nei prossimi mesi si raffredderà”, sottolinea Chris Williamson, Chief Business Economist presso S&P Global Market Intelligence.

Qualche segnale incoraggiante c’è

Dati finali del PMI Composito dell’eurozona alla mano, Williamson ha anche evidenziato quanto segue.

“È incoraggiante notare che, sebbene la pressione dei prezzi resti elevata, ci sono segnali che l’inflazione abbia già raggiunto il picco ad aprile, rispecchiando un forte rallentamento della crescita dei prezzi industriali, il miglioramento della catena distributiva e la diminuzione della domanda. È probabile tuttavia che, fintanto che dura la guerra in Ucraina, i rifornimenti di energia e generi alimentari continueranno a restare fonte di preoccupazioni e di potenziali pressioni inflazionistiche”.

Concludiamo col quesito di sempre

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