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L’OPEC+ confonde il mercato: cosa è emerso dall’ultima riunione?

L’Organizzazione ha esteso i tagli alla produzione di petrolio, ma ha anche annunciato le tappe per la futura riapertura dei rubinetti. Sollevando diversi dubbi.

Nella riunione dello scorso 2 giugno, l’OPEC+ ha deciso di estendere i tagli alla produzione del petrolio a tutto il terzo trimestre del 2024, una mossa volta a sostenere le quotazioni di greggio in un periodo di forte tensione geopolitica. Ma ha anche annunciato le prossime tappe per la rimozione dei tagli, che avverrà gradualmente nel corso di 12 mesi a partire da ottobre di quest’anno.

I prezzi dell’oro nero hanno reagito perdendo quota subito dopo l’annuncio, con il Brent che ha chiuso la seduta sotto la soglia psicologica degli 80 dollari al barile e il WTI sotto i 77 dollari. E anche nei giorni successivi i prezzi hanno proseguito la discesa, fino a 76,77 dollari al barile nel caso del Brent: un livello che non si vedeva da quattro mesi e che è molto vicino ai minimi dell’anno (a gennaio era sceso a 74,79 dollari).

Un messaggio che ha sollevato interrogativi

A pesare, secondo gli esperti, sono stati da un lato i messaggi ambivalenti (e un po’ fumosi) arrivati dall’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio e dall’altra il timore che – al netto del sostegno di breve periodo ai prezzi, grazie all’estensione dei tagli – il mercato non sia in grado di assorbire i barili extra in arrivo a partire da settembre. Insomma, il dubbio è che presto si formerà un eccesso di offerta difficile da gestire.

Non solo. Un altro tema che desta qualche perplessità è che spesso i Paesi membri dell’OPEC+ faticano a rispettare gli obiettivi di produzione. Nel primo trimestre, per esempio, Iraq e Kazakistan hanno superato le loro quote, mentre la Russia ha registrato una sovrapproduzione in aprile. Senza considerare che nella stessa riunione che ha previsto l’estensione dei tagli, il cartello ha anche stabilito l’assegnazione di quote aggiuntive di produzione ad alcuni Paesi come gli Emirati Arabi.

Di quali cifre stiamo parlando, esattamente?

Ad oggi, i tagli alla produzione di petrolio ammontano complessivamente a 5,86 milioni di barili al giorno, il 5,7% della domanda globale: ai 3,66 milioni di barili al giorno con scadenza precedentemente fissata per la fine del 2024 si aggiungono tagli “volontari” da parte di alcuni membri “chiave” come Russia e Arabia Saudita, per un totale 2,2 milioni di barili al giorno, previsti inizialmente fino a giugno 2024. L’OPEC+ ha ora esteso i tagli di 3,66 milioni di barili al giorno fino alla fine del 2025, mentre quelli da 2,2 milioni di barili al giorno resteranno in vigore fino alla fine di settembre 2024.

Dopo di ciò, in base alla exit strategy delineata, la disponibilità di greggio dovrebbe iniziare a risalire dal prossimo ottobre, riportando sul mercato – calcolano gli esperti di ING – circa 2,5 milioni di barili al giorno entro la fine del 2025.

Proprio nel 2025, tuttavia, la nuova concorrenza che si sta affacciando nel settore creerà probabilmente un ulteriore eccesso di offerta: a maggio il Canada ha inaugurato un oleodotto da 25 miliardi di dollari che consentirà di esportare molto più petrolio, incoraggiando di riflesso le sue aziende ad aumentare la produzione, mentre in Sudamerica si concluderanno diversi progetti di trivellazione offshore.

Una comunicazione che è parsa poco chiara

Sullo sfondo delle decisioni prese dall’OPEC+ in un incontro ibrido – in parte di persona, a Riad, in parte in videoconferenza – resta come accennato uno stile comunicativo a dir poco opaco che, come nota il quotidiano economico Il Sole 24 Ore, il cartello ha adottato da qualche tempo e in modo crescente.

Anche in quest’ultima occasione, le decisioni sono state prese e annunciate in modo un po’ arzigogolato, tanto che persino gli analisti sono rimasti disorientati e hanno dato interpretazioni molto diverse. È comunque evidente che gli annunci non hanno convinto, vista la reazione dei prezzi – su cui pesano anche, va detto, i timori che la Fed prolunghi il periodo di tassi d’interesse elevati, rallentando potenzialmente la crescita economica e riducendo la domanda di petrolio.

Come si muoveranno le quotazioni?

“Le decisioni annunciate dall’OPEC+ dovrebbero mantenere il mercato petrolifero in leggero deficit di offerta per il resto di quest’anno”, prevede Warren Patterson, head of commodities strategy di ING.

“Questo deficit, specialmente nel terzo trimestre, quando la domanda raggiunge il picco, dovrebbe consentire un aumento dei prezzi nel corso dell’estate, motivo per cui confermiamo la nostra stima di 88 dollari al barile per il Brent”.

Ma la riapertura dei rubinetti a partire da ottobre potrebbe invece spingere il mercato in leggero surplus di offerta nel 2025, con un conseguente calo dei prezzi: “la nostra stima media per il prossimo anno è di 80 dollari al barile per il Brent”, prosegue l’analista.

Insomma, per i prezzi del petrolio si profila una fase di volatilità e non mancano le incognite che potrebbero ulteriormente influire sulle quotazioni. Per chi investe e fosse eventualmente interessato alle materie prime in questa fase di fermento, il consiglio resta quello di diversificare, evitando di puntare tutto su un unico “cavallo”, e di rivolgersi sempre a un Financial Coach per farsi supportare nel percorso di investimento.

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