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Evergrande e dintorni: cos’è successo in Cina?

Dopo gli allarmi di agosto, la situazione sembra in parte rientrata, anche grazie al pacchetto di misure varato dal governo.

Ad agosto i mercati finanziari sono rimasti con il fiato sospeso: per la Cina sembrava essere giunto il “momento Lehman”. Gli operatori hanno temuto che le difficoltà del settore immobiliare, gonfio di debiti e alle prese con un crollo verticale delle vendite, potessero contagiare anche il sistema finanziario. E da lì tutto il mondo.

In pratica, i timori erano che la bolla immobiliare scoppiasse, proprio come avvenne nel settembre del 2008 – esattamente 15 anni fa – con il fallimento della Lehman Brothers. Nelle ultime settimane la situazione si è placata, anche grazie alle misure adottate da Pechino per contenere i danni. A inizio settembre, il principale sviluppatore immobiliare privato cinese, Country Garden, in grave crisi di liquidità, ha pagato le cedole su due bond in dollari da 22,5 milioni scaduti in agosto, scongiurando così il default.

Cos’è successo in Cina nelle ultime settimane?

Tutto è cominciato ad agosto, quando alcune società del Zhongrong International Trust, partecipato da Zhongzhi Enerprise Group, una conglomerata del risparmio gestito con attivi per 137 miliardi di dollari, non hanno rimborsato cedole e bond in scadenza.

A questo si è aggiunto, pochi giorni dopo, Country Garden, il primo sviluppatore immobiliare cinese, che si è dichiarato inadempiente su cedole di obbligazioni per 22,5 milioni di dollari, alimentando speculazioni sulla tenuta dei suoi 200 miliardi di dollari di debito.

Infine, il 19 agosto il colosso Evergrande ha presentato negli Stati Uniti istanza di protezione dal fallimento (il Chapter 15 di cui si è molto parlato) in modo da completare il piano di ristrutturazione del debito contratto sul territorio USA. Quello su Evegrande è stato vissuto, almeno mediaticamente, come il classico fulmine a ciel sereno. Nella sostanza, però, non lo è: il default di Evergrande risale infatti a fine 2021 e non è quindi una notizia.

Tuttavia, l’annuncio si è aggiunto a tutta una serie di notizie sulle difficoltà del settore immobiliare cinese, innervosendo i mercati. In un anno e mezzo sono infatti falliti circa i due terzi degli sviluppatori immobiliari privati. Inoltre, la ripresa dell’economia dopo la pandemia è stata meno ruggente delle attese: le esportazioni sono calate per via delle tensioni geopolitiche, il calo dei consumi ha portato il Paese in deflazione e la disoccupazione giovanile ha toccato il massimo storico.

L’espansione del mercato immobiliare cinese

Il primo settore a risentirne è stato appunto l’immobiliare. Gli sviluppatori hanno prosperato vendendo case ancora da ultimare per finanziare la loro stessa costruzione. Il modello si è inceppato quando le famiglie hanno smesso di comprare, facendo mancare a Evergrande e altre società i fondi necessari a concludere i progetti e ripagare i debiti. I timori di un effetto domino sono stati amplificati dal fatto che il settore delle costruzioni rappresenta circa il 30% del PIL e si è gonfiato nel corso degli anni per via dell’urbanizzazione accelerata della Cina.

Dal 1980 in poi, infatti, le città cinesi hanno accolto circa 700 milioni di nuovi abitanti. Per rispondere a questa enorme domanda di abitazioni, il governo si è impegnato in massicci investimenti infrastrutturali, che hanno portato alla nascita di numerose aziende pubbliche e private, vero motore del boom immobiliare. Si è innescato però il circolo vizioso secondo cui, appunto, gli anticipi sulle nuove case consentivano di completare gli immobili.

Ad aggravare la situazione le amministrazioni locali, che devono quasi il 40% delle entrate fiscali alle tasse sulla vendita e l’affitto dei terreni. Gli enti locali erano spinti quindi ad approvare un numero sempre maggiore di progetti edilizi, pur in assenza di una reale domanda di abitazioni da parte del mercato. Inoltre, attraverso speciali veicoli di investimento gli enti locali hanno partecipato alla costruzione direttamente o tramite consorzi con i costruttori.

Ma soprattutto, il settore immobiliare è strettamente intrecciato con il sistema finanziario. Una quota significativa del debito dei costruttori cinesi è infatti in pancia ai trust, specie di fondi di investimento. E le difficoltà del gigante Zhongzhi hanno sollevato il sospetto che gli “acciacchi” dell’edilizia stiano contagiando queste “banche ombra”.

Le contromisure di Pechino

Per arrestare il crollo del settore, con le vendite che sono scese del 34% ad agosto, e sostenere l’economia, Pechino ha annunciato diverse misure, tra cui:

  • incentivi fiscali per chi ristruttura il suo appartamento e agevolazioni sui mutui;
  • istituzione di un fondo da 200 miliardi di yuan (25 miliardi di dollari USA) per erogare prestiti a favore degli sviluppatori immobiliari;
  • infine, dopo aver tagliato i tassi il 20 agosto, la banca centrale cinese (che in sostanza è il braccio di politica monetaria del governo) ha stabilito di ridurre l’ammontare dei depositi in valuta estera che le banche devono detenere come riserve, in modo da liberare liquidità a sostegno del sistema economico.

Guardando avanti: cosa farà Pechino?

Pechino ha ancora a disposizione enormi risorse per fronteggiare quella che non è certamente la prima grande sfida economica della storia cinese. Ma per saperne di più e per capire dove, in questo contesto, potrebbero emergere nuove opportunità, puoi sempre fare riferimento al tuo consulente finanziario.

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