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Dark kitchen: come cambia la ristorazione

Ordinazione online, niente tavoli, sedie e camerieri: scopriamo uno dei macrotrend più “disruptive” nel mondo della gastronomia, che va oltre il food delivery

Dark kitchen, ghost kitchen, virtual kitchen: no, non stiamo dando i numeri e no, non è niente di oscuro e misterioso. Sono solo alcuni dei termini utilizzati oggi per definire uno dei macro-trend più “disruptive” nel mondo della gastronomia. La dark kitchen è una sorta di “ristorante senza ristorante”, dove i piatti vengono preparati su misura per ogni cliente, il quale però non varcherà mai la porta del locale. Queste “cucine oscure” rappresentano l’evoluzione del food delivery e una ridefinizione delle regole per i player del mondo gastronomico. Vediamo di capirci di più.

Cosa sono le “dark kitchen”?

Le “cucine buie” non hanno tavoli o personale di servizio, perché si limitano a preparare il cibo per i servizi di consegna. Alcune di queste cucine “fantasma” si trovano in piccoli container, altri in spazi di vendita al dettaglio, altri in semplici stanze vuote. Ma il principio è lo stesso: gli operatori – servizi di consegna o ristoranti, per esempio – attrezzano gli spazi con moderne attrezzature da cucina in modo da poter preparare e vendere i loro piatti al di fuori del ristorante originale. Questo permette loro di consegnare il cibo più rapidamente senza sovraccaricare i luoghi di produzione originali, il che significa maggiori entrate e minore disorganizzazione. Tutto ciò che va fatto è cucinare il cibo ordinato e predisporlo per la consegna.

L’evoluzione del food delivery.

Chi non ha mai ordinato almeno una volta cibo a domicilio direttamente online? Sì, perché oramai il food delivery è diventato parte integrante della nostra vita e rappresenta una fetta importante dell’economia che gira intorno al mondo della gastronomia. Pensiamo ai nuovi lavori nati grazie al food delivery, come quello dei cosiddetti riders. Questo incremento esponenziale delle consegne di piatti pronti a domicilio ha contribuito a dar vita a un nuovo tipo di clientela, che non esita a ordinare cibo pronto e che si aspetta un servizio veloce, ampia scelta e un buon rapporto qualità-prezzo, e di conseguenza ha anche creato una nuova fetta di economia da sfruttare. E qui entrano in gioco le nostre dark kitchen. Secondo Il Sole 24 Ore, il giro d’affari del food delivery nel mondo vale già 35 miliardi di dollari, con una crescita composita annua del 20%. Crescita che non accenna a fermarsi.

Il futuro è delle “cucine oscure”?

I fornitori del food delivery non solo stanno conquistando il mercato della gastronomia, ma sono anche quelli che oggi, sempre più spesso, si affidano a queste “cucine-satellite”. Non solo: numerose start-up, come FoodStars o la statunitense Kitchen United, hanno creato un nuovo business che si basa sostanzialmente sull’affitto di cucine fantasma a ristoranti indipendenti. Una tendenza importante che si profila all’orizzonte e che è già realtà in città come Londra. Deliveroo, per esempio, sta trasformando il suo modello di business in direzione della realizzazione di un marketplace che, sfruttando le nuove tecnologie, dai Big Data all’intelligenza predittiva degli algoritmi, somiglierà sempre di più a un Amazon del cibo: affidandosi alle dark kitchen, azzererà i costi di affitto dei locali e delle attrezzature e altre spese operative come le utenze, i costi d’esercizio e le pulizie.

Non solo start-up.

Pare che non solo le start-up ma anche molte altre grandi aziende tradizionali stiano valutando l’opportunità di aprirsi al mondo delle dark kitchen. Insomma, si dischiudono le porte di un enorme business che, grazie all’incrocio del cibo on demand con la sharing economy e l’intelligenza artificiale, produrrà sicuramente nel tempo un colossale cambio nei parametri del mondo del cibo. Molti ritengono che, per quanto disordinata e complicata dal punto di vista logistico, l’industria alimentare stia per essere trasformata radicalmente, tanto quanto i grandi magazzini e i taxisti. Se pensiamo che non più di cento anni fa la maggior parte delle persone confezionava i propri vestiti autonomamente o da un sarto, possiamo anche presupporre che in futuro la maggior parte di noi non cucinerà più il proprio cibo. Staremo a vedere.

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