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Transizione ecologica: ecco chi dà la caccia alla CO2

CCS: la tecnologia per catturare e confinare le emissioni di CO2. Un passo importante nel cammino della transizione ecologica, ma ci sono controversie

Sai cosa significa “CCS”? Dietro a questa sigla un po’ criptica si nasconde in realtà una tecnologia molto importante per la transizione ecologica a un mondo a zero emissioni nette entro il 2050. CCS, infatti, è l’acronimo di Carbon Capture and Storage e, letteralmente, significa “cattura e stoccaggio di CO2”. Fa riferimento a una particolare tecnologia con cui, attraverso diverse strategie, la CO2 viene “catturata” nell’aria e trasportata in una struttura apposita, dove viene confinata per un periodo di tempo dell’ordine delle centinaia di anni.

Si tratta dunque di un sistema di “rimozione” delle emissioni nocive dall’atmosfera. Un’azione che, finora, è stata svolta per lo più dagli ecosistemi naturali, principalmente gli oceani e le foreste, che assorbono l’anidride carbonica durante la loro crescita. Ma le foreste stesse sono sempre più minacciate dal cambiamento climatico, con una crescente incidenza di incendi e parassiti. Ecco perché è necessario trovare soluzioni anche tecnologiche al problema della rimozione della CO2.

Togliere un po’ di CO2 dall’atmosfera

Il processo di CCS fa parte del mix di strategie disponibili per limitare la concentrazione nell’atmosfera di CO2 prodotta dall’attività umana, un gas effetto serra che – come sai – contribuisce al riscaldamento globale. Ecco perché sta diventando una voce d’investimento in un numero sempre maggiore di Paesi.

POST 865 CCS grafico

CCS, pro e contro

Ad oggi, la sfida principale riguarda i costi. Si stima infatti che un progetto di cattura, trasporto e stoccaggio della CO2 costi tra i 70 e i 140 euro per tonnellata di CO2, come si legge in un interessante articolo pubblicato su think.ing.com. Ma maggiore è il costo evitato della CO2, più si avvicina il punto di pareggio di un progetto di CCS.

Il prezzo del carbonio nel mercato ETS nel 2021 è arrivato a superare i 60 euro la tonnellata, nel 2020 era intorno a 25 euro. E comunque sia, se i produttori industriali vogliono ridurre le loro emissioni – cosa che saranno costretti a fare, per adeguarsi alle richieste normative sempre più orientate al raggiungimento degli obiettivi climatici – la CCS è ancora tra le alternative più a buon mercato.

Non solo. Dal momento che, con ogni probabilità, i combustibili fossili non saranno completamente spariti entro la metà del secolo, la CCS potrebbe rivestire un ruolo chiave nella riduzione delle emissioni nette. C’è chi sostiene tuttavia che, proprio per questo motivo, la CCS rischia di essere usata per ritardare la riduzione della produzione di carbonio. Affinché non sia così, sarà necessario uno sforzo congiunto da parte di governi, investitori, aziende, gruppi ambientalisti e opinione pubblica.

Al netto di questi ragionamenti, va detto che attualmente la CCS è ancora in una fase iniziale di sviluppo: le aziende avranno bisogno di incentivi governativi per ridurre i costi e/o aumentare le entrate e poter così implementare progetti più ambiziosi su questa tecnologia. I governi a loro volta stanno riconoscendo il potenziale della CCS, e molti stanno incorporando – o addirittura dando la priorità – alle politiche e alle iniziative CCS nei loro piani sul clima.

A caccia di CO2: com’è messa l’Europa?

Il Vecchio Continente è stato tra i primi ad adottare la CCS. E continua a puntare con decisione su questa tecnologia. Tanto che, entro la fine del 2022, la Commissione europea intende proporre un quadro normativo dell’UE per la certificazione delle rimozioni di carbonio basato su regole e requisiti di contabilità del carbonio solidi e trasparenti, con l’obiettivo di monitorare e verificare l’autenticità e l’integrità ambientale delle rimozioni di carbonio sostenibili di alta qualità.

Tali regole forniranno il quadro giuridico necessario per aumentare il carbon farming e le soluzioni industriali per rimuovere il carbonio dall’atmosfera. “L’UE dovrà ridurre drasticamente la sua dipendenza dal carbonio fossile, aumentare il carbon farming per stoccare più carbonio in natura e promuovere soluzioni industriali per rimuovere e riciclare il carbonio in modo sostenibile e verificabile”, si legge in una recente comunicazione della Commissione UE.

“Rimuovere e stoccare più carbonio dall’atmosfera, dagli oceani e dalle zone umide costiere è essenziale per raggiungere l’impegno giuridicamente vincolante dell’UE di diventare climate neutral entro il 2050”.

CCS, opportunità di investimento?

Perché tu, come investitore, dovresti interessarti alla cattura e all’immagazzinamento della CO2? Perché, come abbiamo detto, si tratta di una tecnologia utile nell’ottica della transizione ecologica. Transizione su cui, volendo, si può investire, grazie a un fondo tematico o a prodotti ESG focalizzati sull’ambiente. E siccome la transizione verso la sostenibilità sarà anche una transizione economica – un vero e proprio Megatrend – le occasioni per puntare sull’innovazione andranno moltiplicandosi, offrendo sempre più opportunità di potenziale rendimento aggiuntivo per il proprio portafoglio.

Ma come fare a distinguere chi è seriamente impegnato nella transizione e chi si pubblicizza come tale, ma in realtà fa ancora tutto alla solita vecchia maniera? La risposta è: affidandosi al giusto intermediario. Il consiglio è sempre quello di rivolgerti a un consulente finanziario fidato, che sia in grado di accompagnarti verso la scelta consapevole dell’investimento più adatto al tuo profilo di rischio e ai tuoi obiettivi. Con uno sguardo, perché no, anche alle zero emissioni nette.

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