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Deficit: cos’è e cosa ci dice questo indicatore?

Il deficit o disavanzo si crea quando il saldo tra le entrate generate dal gettito fiscale e le spese sostenute da uno Stato per pagare pensioni, istruzione e sanità è negativo.

Come sta l’Italia? Soprattutto, come stanno i suoi conti pubblici? Se il parametro economico di cui senti parlare più spesso è il debito pubblico, un altro indicatore molto importante è il deficit. Anche detto disavanzo o indebitamento netto, in parole povere è l’eccedenza delle spese sulle entrate dello Stato, monitorata molto attentamente dalla Commissione Europea.

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Fari puntati sul rapporto deficit/PIL

Anche se il deficit viene misurato in termini assoluti, indicando il suo ammontare in euro (o dollari, yen e così via), gli economisti preferiscono valutarne le dimensioni relative rapportandolo al Prodotto Interno Lordo (PIL). In questo modo è possibile valutare la coerenza delle scelte di bilancio adottate da un governo: il deficit/PIL consente infatti di mettere in relazione il disavanzo con la capacità di uno Stato di produrre reddito (il PIL appunto) e quindi di ripagare il debito accumulato.

Ma perché aumenta il deficit? Nel momento in cui a un incremento delle uscite non corrisponde un adeguato aumento delle entrate, ecco che il disavanzo cresce e di conseguenza il suo rapporto con il PIL sale. L’anno scorso, secondo l’Istat, il deficit si è attestato all’8%, in calo di un punto percentuale dal 9% del 2021.

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C’è anche un altro indicatore molto importante da considerare: il saldo primario. Si tratta della differenza tra le entrate e le uscite al netto degli interessi passivi sul debito. Da questo indicatore sono quindi esclusi gli esborsi che ogni anno uno Stato effettua per pagare gli interessi ai detentori del debito pubblico (soprattutto titoli di Stato).

La differenza con il debito

Da quanto detto sopra, appare evidente che, nonostante siano spesso (erroneamente) utilizzati come sinonimi, deficit e debito pubblico sono due concetti distinti. Il primo, come già spiegato, è la differenza (negativa) tra entrate e uscite di uno Stato, mentre il secondo indica il debito nei confronti dei creditori. Semplificando, si può dire che il debito è la somma dei deficit annuali: il disavanzo registrato ogni anno si accumula e “diventa” debito.

È evidente, infatti, che se spendiamo più di quanto incassiamo, occorre trovare qualcuno disposto a prestarci i soldi con cui finanziare i nostri acquisti. Mentre le famiglie chiedono solitamente un prestito in banca per finanziare i propri consumi, gli Stati emettono obbligazioni, come i BTP. Il complesso dei titoli di Stato emessi va a costituire quella grandezza chiamata debito pubblico. In Italia, stando all’Istat, il rapporto debito/PIL nel 2022 si è attestato al 144,4%, in calo dal 149,9% del 2021.

Politica economica e deficit

Il deficit può essere usato come uno strumento di politica economica dal governo per contrastare una recessione. Aumentando la spesa pubblica o tagliando le tasse, infatti, lo Stato sostiene la domanda aggregata (ossia consumi e investimenti) e quindi la crescita. Capita, però, di dover ridurre il deficit, vuoi perché le regole europee lo richiedono, vuoi perché occorre raffreddare un’economia troppo surriscaldata che rischia di alimentare l’inflazione. Attraverso manovre restrittive, un governo taglia la spesa pubblica o aumenta le tasse. In questo modo, il deficit si riduce fino, in alcuni casi, ad annullarsi e a tradursi in un avanzo di bilancio.

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Dubbi sui temi macro? Parlane con un consulente

Siamo giunti alla fine della nostra breve guida sul deficit. Magari questo concetto ti può suonare astratto e altrettanto lontano dalle tue scelte d’investimento, in realtà può avere un ruolo anche sull’andamento dei mercati e quindi degli investimenti. Si tratta di un tema non semplice e immediato: per questo ti consigliamo, come sempre, di affrontarlo e approfondirlo con un consulente finanziario di fiducia, ad esempio un Financial Coach di ING.

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